venerdì 15 marzo 2013

È PRESTO PER CONSEGNARE CERNOBYL ALL’OBLIO - ЧЕРНОБЫЛЬ РАНО ПРЕДАВАТЬ ЗАБВЕНИЮ

Autore: N. Kovaleva
Luogo: Novozybkov
Data: 04.2006
Fonte: «Majak» (Novozybkov)
Tramite: Centro informazioni su Cernobyl «Radimici» e il liquidatore V.G. Kopejkin
Traduzione: S.F.

Автор: Н. Ковалёва
Место: Новозыбков
Дата: 04.2006 г.
Источник: «Маяк» (Новозыбков)
Через: Информационный чернобыльский центр «Радимичи» и ликвидатор В.Г. Копейкин
Перевод: С.Ф.



È PRESTO PER CONSEGNARE CERNOBYL ALL’OBLIO

Spettabile redazione!

Nel n. 9 del 1° marzo 2006 è stata pubblicata l’intervista al candidato in scienze economiche I.L. Abalkina. Questa pubblicazione ha suscitato nella nostra famiglia un’accesa discussione.

La signora Abalkina sostiene che «l’incidente ha avuto molti più effetti per le sue conseguenze sociali che non per quelle sulla salute delle persone che vivono nella zona contaminata». Lei ragiona come un politico. Per un uomo politico è evidente che le conseguenze sociali sono molto più importanti. Tuttavia, se la signora Abalkina vivesse nella nostra città, se lei e i suoi figli avessero tutta una serie di sei o sette malattie croniche, allora sarebbe interessante sapere cosa sia più importante per lei.

Lei fa riferimento solamente alle patologie della tiroide e non dice una parola sulle malattie dei sistemi cardio-vascolare e respiratorio e su quelle oncologiche. Non ci sono da noi?

Solo a leggere il titolo diventa subito chiaro che quest’articolo non promette niente di buono. Cernobyl diventa storia e, leggilo tra le righe, pure gli indennizzi diventano storia. Ne avete usufruito, ora basta. Ma facciamo un po’ di conti.

Io e mio marito abbiamo 33 anni. Di conseguenza quando successe l’incidente ne avevamo 13. Insieme a tutti gli altri scolari noi marciavamo alla parata del Primo maggio sotto gli ardenti raggi radioattivi. Il nostro organismo infantile stava entrando nella fase dello sviluppo sessuale, della neoformazione di tutti gli organi e i sistemi. I nostri genitori invece erano oltre i 30. Il loro organismo era già formato. Ma loro per tutti questi anni hanno potuto usufruire di tutti gli indennizzi, compresa la pensione. Il padre di mio marito a 55 anni è andato in pensione e da quattro anni si trova a godersi il meritato riposo. A noi invece ci aspetta la normale pensione d’anzianità come in tutta la Russia. Ma ci arriveremo poi vivi a questa pensione?

Io e mia mamma abbiamo le stesse identiche malattie, ci sentiamo male allo stesso modo, nonostante la differenza di età sia di più di vent’anni. Più di tutti le conseguenze di Cernobyl le subisce proprio la nostra generazione.

Come potrà mai a due persone malate nascere un bambino sano? Nostro figlio ha 12 anni, ma la sua cartella ambulatoriale del policlinico pediatrico ha già uno spessore di più di 5 centimetri.

Certamente, il museo di Cernobyl è una cosa molto importante. Ma è forse possibile che il museo sia più importante delle persone? Non sarebbe meglio indirizzare la propria frenetica attività a prendersi cura delle persone piuttosto che a conservare la memoria di «quel sistema politico-sociale»?

Ne risulta che io mi stia lamentando. Tuttavia in città circolano con insistenza voci sul fatto che il 2006 sia l’ultimo anno di validità degli indennizzi “cernobyliani”. E da nessuna parte nei mass media queste voci non vengono smentite, tanto che articoli di codesta fattura non fanno che accentuare il malcontento degli abitanti di Novozybkov.

N. Kovalëva
 

mercoledì 27 febbraio 2013

LA VITA CONTINUA. NELL’ANIMA PERÒ… - ЖИЗНЬ ПРОДОЛЖАЕТСЯ. А В ДУШЕ...

Autore: E. Prichod'ko
Luogo: Zlynka
Data: 25.04.1991
Fonte: «Znamja» (Zlynka), edizione speciale «La Cernobyl' russa»
Traduzione: S.F.

Автор: Е. Приходько
Место: Злынка
Дата: 25.04.1991 г.
Источник: «Знамя» (Злынка), спецвыпуск «Российский Чернобыль»
Перевод: С.Ф.


 
LA VITA CONTINUA. NELL’ANIMA PERÒ…

Sotto il segno della sventura è andato a finire il villaggio di Dobrodeevka. Un posto bellissimo, salubre, di villeggiatura. Funghi e frutti di bosco a iosa. Da viverci e gioirne, se non fosse stato per la folata di isotopi che ha coperto questi luoghi dopo la tragedia di Cernobyl. E per quanto sia doloroso, per quanto sia triste, i suoi abitanti saranno in un modo o nell’altro costretti ad abbandonare la loro terra natia. L’unica cosa che non è ancora chiara è: quando? Perché, nonostante che il trasferimento sia già stato pianificato – nella provincia di Počep, tra i due villaggi di Strigovo e Nel’žiči, dove si è stabilito di costruire le nuove abitazioni per la gente di Dobrodeevka –, i lavori non sono in realtà ancora cominciati. Eppure era stata programmata l’edificazione di 300 case. Quanto deve aspettare la gente? Quanto deve penare sotto il peso della croce di Cernobyl? Così, senz’aspettare il trasferimento collettivo, la gente ha iniziato ad andarsene via da sola.

Ma il tempo passa e loro ritornano. Il fatto è che qui loro hanno vissuto e vi sono sepolti i loro avi, qui c’è la loro terra. E, a quanto pare, ritornano non a causa di estreme ristrettezze. Là dove si erano trasferiti, hanno ottenuto un’abitazione e un lavoro dignitoso. E tuttavia sono ritornati. Perché? Questa domanda noi l’abbiamo posta soltanto a due delle famiglie che sono ritornate dalla cosiddetta “terra straniera”: i Malochov, trasferitisi nella regione di Kaluga, e i Čertov, il cui rifugio temporaneo è stata la provincia di Vygoniči. E alla nostra domanda abbiamo ricevuto una risposta assolutamente identica:

– C’era il lavoro. Avevamo una casa. Le cose andavano male solo con l’alimentazione. Ma, come si dice, di fame certo non morivamo. Invece, lottare con la nostalgia per la nostra terra, sapere di non poter più rivedere i compaesani, gli amici – questo andava oltre le nostre forze. Il fatto che in queste terre abbiamo vissuto un’intera vita, talmente tante cose, molte delle quali portiamo nel cuore fin da quando eravamo bambini. E se proprio bisogna partire, allora va fatto soltanto insieme a tutto il kolchoz. Il trasferimento va fatto come un’unica grande famiglia lavorativa. Soltanto allora le avversità si allontaneranno da te, soltanto allora potrai di nuovo ritrovare gioia e felicità nella vita.

Questo modo di vedere le cose non appartiene solo a queste due famiglie. Ce ne siamo convinti dopo aver incontrato il deputato del Soviet rurale Vladimir Vladimirovič Pankratov.

È chiaro che per ogni singola persona il trasferimento è accompagnato da speranze di diverso tipo, ma la gente non vuole più andarsene separatamente. Ecco alcune opinioni degli abitanti di via Lesnaja. Vasilij Vasilevič Zolotarëv:

– Di andare in una zona pulita io sarei anche contento. Perché là io mi sentirei meglio, mi verrebbe voglia di correre, mi si risolleverebbe il tono vitale, mi si mitigherebbe la terribile pesantezza che porto nel cuore. Ma a chi mai servono dei pensionati senza forze? Se si deve partire, bisogna farlo tutti insieme, con la consapevolezza che il tuo kolchoz si occuperà di te, ti aiuterà nel momento del bisogno.

Vasilij Kuz’mič Dobrodej, anche lui pensionato, a questo riguardo ha invece un’opinione completamente diversa:

– Non voglio partire, che se ne vadano quelli abili al lavoro. Per noi vecchi, invece, cambiare il luogo di residenza non è certo uno scherzo. I miei figli stanno a Rjazan’ e a Saransk, – racconta Vasilij Kuz’mič, – m’invitano ad andare a stare da loro. Ma forse che là è vita, con tutta quella polvere, tutta quella fuliggine, tutto quell’inquinamento da gas di scarico da non riuscire neanche a respirare? Mentre qui è una bellezza: ti svegli al mattino e ti saluta il boschetto verde a pochi metri da casa. E poi c’è poco da fare, su questa terra sei nato, e su questa dovrai morire.

Ecco, con questi pensieri e con questi umori vive oggi il nostro villaggio. E non sono certo pensieri gioiosi. Ma la gente non si lascia andare. Al kolchoz è in corso la semina a pieno ritmo. I kolchoziani lavorano e nei propri appezzamenti vangano gli orticelli e le aiuole. E la vita qui scorre quieta, regolare, come se non ci fossero le radiazioni, come se tutto fosse tranquillo. Ma è davvero tranquillo?
 
E. Prichod'ko

martedì 19 febbraio 2013

HO NOSTALGIA DELLA MIA TERRA - СКУЧАЮ ПО РОДНОЙ ЗЕМЛЕ

Autore: S. Sulimov
Luogo: Zlynka
Data: 25.04.1991
Fonte: «Znamja» (Zlynka), edizione speciale «La Cernobyl' russa»
Traduzione: S.F.

Автор: С. Сулимов
Место: Злынка
Дата: 25.04.1991 г.
Источник: «Знамя» (Злынка), спецвыпуск «Российский Чернобыль»
Перевод: С.Ф.

HO NOSTALGIA DELLA MIA TERRA

Come avvertenza a questa lettera, vogliamo che i lettori comprendano correttamente le nostre intenzioni che ci portano a pubblicarla sulle pagine del giornale.

In alcun modo non vogliamo che essa venga recepita come un appello: «Non bisogna andare da nessuna parte! Vi aspettano solo difficoltà!». Il diritto al trasferimento è un diritto personale di ogni cittadino.

Pubblicando questa lettera, noi vogliamo invece ricordare per l’ennesima volta che il trasferimento in una zona non contaminata è un passo pieno di responsabilità e che a esso ci si deve preparare con grande serietà. Non è peccato dirlo! Di aiuto dallo Stato a questo riguardo noi ne riceviamo poco e in generale bisogna contare sulle proprie forze.

A essere sinceri, vorremmo proprio non ricevere lettere di questo tipo, ma il problema del trasferimento esiste e non pubblicare questa lettera non avremmo potuto. Essa è scritta in modo emozionale, contiene alcuni versi semplici e ingenui, ma la pubblichiamo quasi senza correzioni, affinché questo grido dell’anima prima di tutto ci costringa tutti a riflettere.

La proponiamo qui all’attenzione dei lettori.

Vi scrive un ex operaio della fabbrica “Revput” e ora lavoratore migrante della regione di Mosca.

Non certo per nostra volontà a me e alla mia famiglia è toccato abbandonare la terra natia, lasciare tutto ciò che avevamo di caro fin dall’infanzia e diventare degli esiliati nel nostro stesso paese.

Non siamo più necessari a nessuno e da nessuna parte. Per ottenere qualunque cosa bisogna passare attraverso decine di istanze. Noi non siamo più contenti ormai di aver intrapreso questo trasferimento, di avere lasciato un bell’appartamento.

È probabile che presto ritorneremo a casa, perché qui le prospettive di ottenere un’abitazione sono assai poche, mentre di difficoltà ce n’è più che in abbondanza. Non consiglierei a nessuno di gettarsi in questa “libera” partenza obbligatoria.

Voglio scrivervi alcune righe, magari le pubblicherete sul giornale.

Non ci abitueremo mai a vivere in altre terre. Nonostante tutti gli sforzi fatti per riuscire a venire nella regione di Mosca, lo stesso qualcosa ci spinge a tornare a casa. Ho come la sensazione che domani potrei abbandonare tutto: il permesso di residenza, il lavoro, senza libretto e senza liquidazione, e tornarmene nella mia terra.

L’unica cosa che ci trattiene qui sono i figli. Perché se qui le cose non vanno bene, nelle altre regioni sarà ancora peggio. Come ci siamo ridotti: a sbatterci qua e là nella nostra nazione in cerca di un luogo passabile dove vivere. Per di più ora vengono a dirci, e ne scrivono, che l’incidente alla centrale nucleare di Cernobyl non fu colpa di nessuno, che si trattò di una calamità naturale. Il fatto è che a questo modo si possono giustificare tutte le nefandezze e tutti gli errori dei dirigenti che si verificano nel nostro paese. Scusate per il disturbo, ma ho accumulato così tanta pena nell’anima che mi è venuta voglia di esternarla.

S. Sulimov
Solnečgorsk
(regione di Mosca)
originario della
provincia di Zlynka

ASPETTACI, VYŠKOV!

Ce ne andiamo, Vyškov,
ce ne andiamo…
I tuoi tigli fioriranno
non più per noi.
Davvero ti siamo venuti
così a noia,
Tanto da dirci:
«Ce la caveremo anche senza di voi»?
Perché tu sei la Patria
e la nostra nostalgia.
Possibile che qualcuno
ti possa dimenticare?
E però oggi sulle acque dell’Iput
vivere è pericoloso.
Come potremmo far del male
ai nostri figli?
Siam tutti cresciuti
al nostro villaggio.
Modestamente vivevamo,
ma in famiglia,
Mentre adesso ciascuno
scappa dove può.
Volenti o nolenti siamo caduti
in disgrazia.
Non ebbero voluto più riflettere
là da qualche parte,
E così ora piange
tutto il Poles’e
Per un maledetto kilowatt
di Cernobyl’.
Noi torneremo, Vyškov,
noi torneremo,
Lasciateci solo mettere
su una buona strada
i nostri figli.
«È immenso
il mio paese natio»,
Ma non c’è luogo più caro
      della terra di Brjansk

venerdì 8 febbraio 2013

FINO ALLA BETULLA - ДО БЕРЁЗКИ

Autore: Margarita Grebennikova
Data: 25.01.2013
Fonte: www.mosoblpress.ru
Traduzione: S.F.

Автор: Маргарита Гребенникова
Дата: 25.01.2013 г.
Источник: www.mosoblpress.ru
Перевод: С.Ф.


ДО БЕРЁЗКИ

Сердце Тани билось горячими толчками, а шёлковое платье цвета незабудки оттеняло своим мягким блеском очарование юного лица и стремительную лёгкость девичьей фигурки.
– Куда это ты? – остановила её знакомая. – Вся светишься, аж глаза слепит!
– Тороплюсь. – Таня увидела Володю, свою симпатию.
Она ещё не поняла, отчего так восторженно-радостно на душе при встрече с ним и отчего, как никогда раньше, необыкновенно красивы и благоуханны ветки сирени, подаренные им.
– Таня, здравствуй! Это тебе… – он протянул букет ромашек. – Они такие чистые и загадочные, на тебя похожи. Я сегодня ездил в деревню, помогал бабушке косить, она козу держит. Козье молоко любишь?
– Да.
– Будешь теперь Манькино молоко пить.
Таня подумала, как легко ей с Володей: будто знает его давно, а встретились месяц назад.
– Судьба и на печке найдёт, – говорила баба Дуня. – А тебе счастье будет: душой ты тёплая, всех жалеешь, всем помочь стараешься. Одних бродячих кошек сколько спасла! Да и отец твой такие муки в плену испытал – вымолил тебе счастье.
Таня не придала значения предсказаниям бабы Дуни.
– Парень твой мне нравится. Сразу видно: самостоятельный. Чем занимается?
– Студент. В Москве учится на последнем курсе.
– А тебе ещё два года до окончания. Только голову не теряй. В Москве много соблазнов. Уедет – поминай, как звали. Ты себя береги. Знаю, сама молодая была …
Лето пролетело как одно радостное мгновение. Последние августовские денёчки...
– Таня, каждую неделю буду приезжать. Ты только жди меня!
Девушка грустила от предстоящей разлуки с Володей. Жили они на соседних улицах, так что все новости, кто в кого влюблён, кто женился, не являлись секретом.
Мать Володи не на шутку испугалась, узнав о серьёзных намерениях сына в отношении Тани:
– Я на ней женюсь.
Это разрушало стратегический план матери относительно будущего своего сына: она присмотрела ему в Москве невесту, дочку полковника, из дальней родни. Эта информация была «брошена в массы» и дошла до адресата. Таня, встретив мать Володи, объяснила, что её сын. волен в своих действиях в отношении московских невест, она на его свободу не посягает. Парень догадался, откуда «ветер дует», поговорил с матерью. Вечером пришёл к Тане.
– Завтра уезжаю. Проводишь?
– Нет, сегодня простимся. Так будет лучше.
Долго сидели на крылечке.
– Таня, я тебя очень люблю. Мы будем вместе «до берёзки».
Начались студенческие будни. Учёба, участие в театральной постановке сглаживали остроту тоски по Володе. Нравы той поры отличались от сегодняшних, до близких отношений у влюблённых не дошло. Володя приезжал почти каждую неделю, превратился в заядлого «зайца» ввиду бедности студенческого кошелька.
Как-то зашёл в институт к Тане, ждал её после экзамена.  Две шустрые девушки «положили на него глаз», стали заговаривать, кокетничать – никакой реакции.
– Таня, ты что сделала с парнем – не глядит ни на кого.  Поделись секретом, – допытывались девчонки.
В студенческие каникулы сыграли свадьбу.
– Теперь буду спокойно готовить диплом в надежде, что тебя никто не умыкнёт, – шутил молодой муж.
Таня перебирает фотографии из семейного альбома. Не верится, что прошло столько лет, позади большая жизнь. Вот Володя держит на руках сына, а здесь счастливый, улыбающийся, подстраховывает дочку, делающую первые шаги.
Мой дорогой, любимый! Куда утекла жизнь с её радостями, заботами, испытаниями?
Чернобыль – страшная роковая метка на нашей судьбе… Ты работал в ядерном аду, и он напоминал о себе все последующие годы болезнью, угасанием твоей жизни и, значит, моей тоже. Тебя не стало.
Утешение и отрада моя – видеть в наших детях твоё возрождение: улыбка освещает лицо дочки, а это твоя улыбка. Я обнимаю внучку, глажу её кудрявую головушку – это ты подарил ей шёлковые кудри… И если сердце охватывает безысходность отчаяния от потери, воспоминания о светлых счастливых днях согревают душу, помогают жить дальше.
 
Маргарита Гребенникова
 
 
FINO ALLA BETULLA

Il cuore di Tanja batteva di ardenti slanci e il suo vestito di seta del colore dei nontiscordardimé accentuava col suo blando luccichio l’incanto del giovane viso e l’impetuosa leggerezza della figura di fanciulla.
– Dove vai? – la fermò una sua conoscente. – Tutta splendente, da accecare gli occhi!
– Vado di fretta. – Tanja aveva visto Volodja, la sua fiamma.
Lei non aveva ancora ben compreso per quale motivo nella sua anima ci fosse un tale gioioso entusiasmo nell’incontrarlo e per quale motivo, come mai prima d’ora, fossero così straordinariamente belli e profumati i rametti di lillà che lui le aveva regalato.
– Tanja, buon giorno! Questo è per te… – le allungò un mazzetto di margherite. – Sono così pure e misteriose, ti assomigliano. Oggi sono andato al villaggio ad aiutare la nonna a falciare, lei tiene una capra. Ti piace il latte di capra?
– Sì.
– Ora potrai bere il latte di Man’ka.
– Tanja pensò a come si sentisse a proprio agio con Volodja: come se lo conoscesse da tanto, mentre s’erano conosciuti soltanto da un mese.
– Il destino te lo ritrovi anche sulla stufa, – diceva nonna Dunja. – Ma tu sarai felice: sei d’animo buono, hai compassione di tutti, cerchi d’aiutare tutti. Quanti gatti vagabondi hai salvato! E tuo padre ha sofferto tali tormenti in prigione che ha espiato per la tua felicità.
Tanja non diede molta importanza alle predizioni di nonna Dunja.
– Il tuo ragazzo mi piace. Lo si vede subito: è indipendente. Che cosa fa?
– È uno studente. A mosca fa l’ultimo anno di corso.
– Tu invece hai ancora due anni per finire. Solo non perdere la testa. A Mosca ci sono tante tentazioni. Quando partirà, ricorda il suo nome. Abbi cura di te. Io lo so bene, sono stata giovane anch’io…
L’estate trascorse come un solo gioioso istante. Le ultime giornate d’agosto…
– Tanja, verrò a trovarti tutte le settimane. Tu però aspettami!
La ragazza era triste per l’imminente separazione da Volodja. Vivevano in due vie una accanto all’altra, tanto che tutte le novità, chi è innamorato di chi, chi si è sposato, non costituivano un segreto. La madre di Volodja si era spaventata per davvero quando era venuta a sapere delle intenzioni serie di suo figlio nei confronti di Tanja:
– Mi sposo con lei.
Questo mandava in pezzi il piano strategico della madre riguardo al futuro del figlio: ella gli aveva infatti adocchiato a Mosca una fidanzata, la figlia di un colonnello, dei lontani parenti. Tale informazione fu “gettata nella massa” e arrivò a destinazione. Tanja, incontrando la madre di Volodja, le spiegò che suo figlio era libero di agire con le fidanzate moscovite, che lei non attentava alla sua libertà. Il ragazzo indovinò da dove “soffiasse il vento”, e parlò con la madre. La sera andò da Tanja:
– Domani parto. Vieni ad accompagnarmi?
– No, ci salutiamo oggi. È meglio così.
A lungo restarono seduti sul terrazzino d’ingresso.
– Tanja, io ti amo tantissimo. Staremo insieme “fino alla betulla”.
Ricominciarono le giornate studentesche. Lo studio, la partecipazione a una messa in scena teatrale attenuavano l’intensa nostalgia per Volodja. I costumi di allora erano diversi da quelli di oggi, gli innamorati non avevano avuto rapporti intimi. Volodja tornava quasi tutte le settimane, era diventato un accanito “portoghese” a causa della scarsità del portafoglio studentesco. Un giorno passò da Tanja in istituto, l’aspettava dopo un esame. Due ragazze disinvolte “misero gli occhi su di lui”, iniziarono a parlare, a fare le civette – nessuna reazione.
– Tanja, ma che cos’hai fatto a quel ragazzo, non guarda più nessuno. Rivelaci il segreto, – la sollecitavano le amiche.
Durante le vacanze dell’università celebrarono le nozze.
– Adesso potrò preparare tranquillamente la tesi nella speranza che nessuno ti porti via, – scherzò il giovane marito.
Tanja fa scorrere le fotografie dell’album di famiglia. Non riesce a credere che siano trascorsi così tanti anni, indietro c’è tutta una vita… Ecco Volodja che tiene in braccio il figlio, e qui è felice, sorridente, aiuta la figlioletta a fare i suoi primi passi. Mio caro, amato! Dove se n’è andata la vita con le sue gioie, i suoi affanni, le sue prove?
Cernobyl’ è il terribile e fatale marchio nel nostro destino… Tu andasti a lavorare nell’inferno nucleare, ed esso si fece poi ricordare per tutti gli anni successivi con la malattia, lo spegnimento della tua vita e, di conseguenza, anche della mia. Poi venisti a mancare.
La mia consolazione e gioia è vedere nei nostri figli la tua rinascita: il sorriso illumina il viso di nostra figlia, ed è il tuo sorriso. Abbraccio la nipotina, le accarezzo la testolina riccioluta – sono un tuo regalo questi riccioli di seta… E se il cuore avvolge la desolazione della disperazione per la perdita, i ricordi dei giorni felici e radiosi riscaldano l’anima, aiutano ad andare avanti.

Margarita Grebennikova

giovedì 7 febbraio 2013

TERRE CONTAMNATE - ЗАРАЖЁННЫЕ ЗЕМЛИ

«Terre contaminate» «Заражённые земли» - © Carlo Spera. Tutti i diritti riservati

Bielorussia, zone contaminate nella regione di Gomel’

Quello che resta, alla fine di questa lunga giornata, è un antico insegnamento: “che i posti ne sanno più di noi e che, se cerchiamo di risignificarli, in realtà sono loro a definirci e a raccontarci chi siamo”.

Carlo Spera


Беларусь, заражённые зоны в Гомельской области

То что остаётся, в конце этого долгого дня, это древний завет: «места знают больше, чем мы и, хотя мы пытаемся предать им новое значение, на самом деле это они определяют нас и рассказывают о том, кто мы».

Карло Спера

Autore: Carlo Spera
Tratto da: “Viaggio al termine della notte.
20 anni dopo l'esplosione della centrale di Cernobyl”
Casa editrice: ViediMezzo
Data: 2006
Traduzione: S.F.

Автор: Карло Спера
Из: “Путешествие на край ночи. 20 лет после взрыва на ЧАЭС”
Издательство: ViediMezzo (Италия)
Дата: 2006 г.
Перевод: С.Ф.

mercoledì 6 febbraio 2013

NON CANTA AL MATTINO IL CORNO… - НЕ ПОЁТ РОЖОК ПОУТРУ

Autore: V. Tolkačëv
Luogo: Čachov (Klincy)
Data: 25.04.1991
Fonte: «Znamja» (Zlynka), edizione speciale «La Cernobyl' russa»
Traduzione: S.F.

Автор: В. Толкачёв
Место: Чахов (Клинцовский р-н)
Дата: 25.04.1991 г.
Источник: «Знамя» (Злынка), спецвыпуск «Российский Чернобыль»
Перевод: С.Ф.





NON CANTA AL MATTINO IL CORNO…

Nel sobborgo di Čachov vivo ormai da 27 anni. E non conosco posti più belli. Le robuste casette di legno grezzo le hanno costruite gli uomini, e lungo le vie, in due file, sono cresciuti i salici e i pioppi. E i giardini, quando fioriscono, non ci si stanca mai di guardarli. E poi c’è il fiume Iput’, lì a portata di mano. Intere giornate vi sguazzavano i bambini, e verso sera s’univano anche gli adulti poiché nella sua acqua trasparente v’era molto pesce.

La sciagura venne all’improvviso, ma noi non lo venimmo a sapere subito. Mi ricordo bene come cinque anni fa i bambini facevano il bagno nel fiume contaminato dai radionuclidi. E poi anche gli adulti, là nel campo, falciavano l’erba per il sovchoz e per le loro mucche. Non avevamo alcuna informazione sulla contaminazione radioattiva. Correvano diverse voci, ma noi cercavano di convincerci che non c’era motivo di preoccuparsi.

In seguito lo si venne a sapere: nella golena del fiume, dove si preparava il fieno, il fondo gamma superava i 46 curie, e nel sobborgo ce n’erano 29. Temendo per la salute dei bambini, la maggior parte degli abitanti si trasferì in un’altra località.

Prima capitava, non di rado, che i pastori cominciassero la loro giornata di lavoro suonando il corno. Ogni famiglia aveva una mucca. Ora pare che nel sobborgo si sia spenta ogni forma di vita. E il tetro quadro è completato dai portoni scardinati, dalle finestre e porte sfondate nelle case abbandonate.

Delle 42 famiglie che vivevano a Čachov ne sono rimaste solo quattro. Le case vuote cominciarono a essere visitate da sciacalli senza scrupoli. Rubavano tutto quello che nella fretta gli abitanti che si erano trasferiti non avevano portato via con sé. La polizia a volte veniva, ma i ladri alla fine non furono trovati.

A essere sincero, più di tutto sono in pensiero per la mia figlia minore. Lei va a scuola a Veprin. E non soltanto perché deve farsi, con qualsiasi tempo, quattro chilometri per arrivarci. Lei è l’unica bambina rimasta nel sobborgo. Ira vorrebbe frequentare dei suoi coetanei, qui non c’è nessuno con cui giocare, per questo passa la maggior parte del tempo davanti al televisore.

Abbiamo a Čachov anche il nostro chiosco di alimentari. Ma, ahimè, non apre tanto spesso, solo quando portano il pane o della carne. Quando le strade sono impraticabili è sempre serrato col lucchetto, e allora più di tutti ne soffrono i pensionati. Andare fino a Veprin è lontano, e così ci contentiamo delle patate. Quelle che abbiamo coltivato nella terra contaminata, quelle “pulite” per ora non ci resta che sognarcele.

La questione del trasferimento è la più scottante nella nostra famiglia. Lo devo ammettere sinceramente, dopo la sventura da cui fummo colpiti, di trasferirmi in un’ altra località non ne avevo voglia. Mi rimanevano tre anni alla pensione e metter su casa in un posto nuovo non era facile. La salute però va peggiorando. Le fuoruscite di sangue dal naso si sono fatte più frequenti, mi fa male la testa. A dir la verità, io ho anche tentato di trasferirmi in un'altra località. E tuttavia tutti i miei tentativi non sono andati a buon fine.

A Klincy volevo comprare una casa. Ma i proprietari sparavano di quei prezzi che mi toccò ritornarmene a mani vuote. Andai anche nella regione di Kaliningrad e a Trubčevsk. Là mi offrivano un lavoro secondo la mia specializzazione. Ma di nuovo nessuno mi propose una casa in cui vivere.

Sono stato anche in provincia di Počep. Nel villaggio di Dmitrovo. Il presidente del kolchoz non sapeva dove alloggiarmi. Certo, di infermieri professionali lui ne ha bisogno e la cosa si sarebbe risolta in un attimo. Ma il kolchoz è in perdita e solo quest’anno s’inizieranno a costruire delle abitazioni aziendali.

Ho sentito che i costruttori della MPMK-2 di Klincy stanno costruendo delle abitazioni per le persone trasferite nella regione di Brjansk, in provincia di Mglin. Magari gli abitanti di Čachov rimasti verranno trasferiti tutti là? Tutti sono d’accordo ormai a partire, ma disposizioni ufficiali in questo senso non ne sono ancora arrivate. Non ci resta che aspettare e sperare non si sa ben cosa.

V. Tolkačëv
Responsabile del punto medico di Veprin

giovedì 24 gennaio 2013

PER CHI FIORISCI, PERO?! - ДЛЯ КОГО ТЫ РАСЦВЕТАЕШЬ, ГРУША?!

Autore: Michail Atamanenko
Poesia: «Per chi fiorisci, pero?!»
Data: 25.04.1991
Fonte: «Znamja» (Zlynka), edizione speciale «La Cernobyl' russa»
Traduzione: S.F.

Автор: Михаил Атаманенко
Стихотворение: «Для кого ты расцветаешь, груша?!»
Дата: 25.04.1991 г.
Источник: «Знамя» (Злынка), спецвыпуск «Российский Чернобыль»
Перевод: С.Ф.


ДЛЯ КОГО ТЫ РАСЦВЕТАЕШЬ, ГРУША?!

Что ни дом – забит или разрушен,
Травы на крылечко забрели...
Для кого ты расцветаешь, груша,
Облаком накрылась до земли?!

Ни души. Ни петухов. Ни лая.
Тишина в подворьях залегла.
Только ты одна – душа живая
Посреди умершего села.

Кто потом услышит ночью поздней,
Как, срываясь тихо с высоты,
Будут разбиваться чьи-то звёзды –
Никому не нужные плоды?...

Михаил Атаманенко
 
PER CHI FIORISCI, PERO?!

Non c’è casa non serrata o diroccata,
I terrazzini invasi dall’erba…
Per chi fiorisci, pero,
Fino a terra coperto di nuvola?!

Non unanima. Né galli. Né latrati.
Il silenzio s’è disteso sui cortili.
Solamente tu sei anima viva
Nel mezzo del villaggio morto.

Chi poi sentirà a notte fonda
Come, staccandosi piano dall’alto,
Si frantumeranno le tue stelle –
Frutti non buoni per nessuno?...

Michail Atamanenko