martedì 17 maggio 2011

IGOR' - ИГОРЬ

Autore: Carlo Spera
Tratto da: 
“Viaggio al termine della notte.
20 anni dopo l'esplosione della centrale di Cernobyl”
Casa editrice: ViediMezzo
Data: 2006

Автор: Карло Спера
Из: 
Путешествие на край ночи
20 лет после взрыва на ЧАЭС”
Издательство: ViediMezzo (Италия)
Дата:
 2006
 г.
К сожалению, русского оригинального текста интервью нет.


IGOR'

Capo di un dipartimento del Comitato Statale della Bielorussia per la gestione delle problematiche di Cernobyl

Io sono il capo del dipartimento delle cure, della salute, della medicina e dell’assistenza sociale. Insomma, del dipartimento che si occupa di tutto quello che riguarda le persone colpite dall’incidente di Cernobyl. Sono una specie di coordinatore: tutto deve essere gestito dai ministeri, ad esempio della salute se ne deve occupare il ministero della sanità, però io ho il compito di controllare che le persone abbiano realmente un aiuto adeguato.

Le categorie di persone che hanno diritto a essere aiutate perché vittime di Cernobyl sono queste: tutti coloro che abitano in territori contaminati da uno o più curie; gli invalidi che hanno perso la salute a causa dell’incidente; coloro che hanno partecipato alla liquidazione del disastro e coloro che sono stati evacuati dalle zone dove la contaminazione superava i cinque curie.

Il sistema che garantisce gli aiuti sociali è molto semplice, e si basa su questo principio: quelli che sono stati più colpiti vengono aiutati di più. E questo vale anche per i Liquidatori: più tempo sono stati a contatto con le radiazioni e più vengono aiutati. Ma i più curati, i più protetti, sono sicuramente i bambini che vivono in zone contaminate: gli aiuti, per loro, incominciano prima della nascita. Le donne incinte hanno diritto a un periodo di riposo più lungo se vivono in zone a rischio e subito dopo la nascita del bambino usufruiscono di un contributo economico che è il doppio del normale. Inoltre le mamme di questi bambini sono esentate dal pagare l’iscrizione all’asilo nido e anche in seguito il periodo scolastico è completamente gratuito: gratuiti gli alimenti, l’assistenza medica, ma anche i periodi annuali di risanamento in strutture specializzate. Inoltre, una volta terminata la scuola, hanno facilitazioni per entrare nelle università e spesso riescono a beneficiare di borse di studio che coprono più del cinquanta percento delle spese universitarie. Tutti i bambini sono comunque registrati in una banca dati speciale, a seconda del territorio dove abitano; ed è grazie a questa banca dati che noi riusciamo a capire quali sono le priorità di intervento e a stabilire una tabella che indichi cronologicamente le date in cui i bambini devono essere controllati.

Un altro gruppo che beneficia di molte cure è quello degli invalidi, di cui fanno parte le persone che abitano in zone contaminate, i Liquidatori, quelli che sono stati evacuati e tutti i bambini malati di tumore. Tutti, senza tener conto del luogo in cui abitano o da dove provengono: per noi tutti i tumori infantili sono una conseguenza diretta della catastrofe di Cernobyl. Per queste persone è tutto gratuito: gratis le cure, i sanatori, le cure odontoiatriche. Quando viene stabilito con una diagnosi che il soggetto è da considerarsi invalido, a lui viene dato un contributo economico annuale. Se il soggetto è invalido di prima categoria il contributo è pari a circa seicento dollari; man mano che la categoria aumenta prendono meno soldi. Quelli che svolgono attività lavorative hanno due settimane in più di vacanze pagate all’anno, e per loro è stata fatta una legge che li esenta dal pagare le tasse. Sono privilegiati anche per quanto riguarda gli alloggi: possono accaparrarsi un appartamento dello stato senza fare la fila. Inoltre hanno la possibilità di contrarre mutui senza dover pagare percentuali alle banche. Questo se vogliono costruirsi una casa; anzi, nel momento in cui riescono a saldarne metà, spesso lo stato estingue il resto del debito. Naturalmente le spese di gestione dell’appartamento, ovvero gas, luce e acqua vengono divise al cinquanta percento tra lo stato e il padrone di casa. Gli invalidi usufruiscono di tutti i pullman urbani gratuitamente e a coloro che hanno necessità di un’automobile lo stato gliene regala una speciale. Le persone che lavorano nei parchi ecologici all’interno di zone contaminate usufruiscono invece di altri sostegni: la loro settimana lavorativa è più corta, il mangiare è gratis e hanno diritto a trascorrere un mese all’anno in sanatorio. Anche le persone che sono state evacuate dalle zone contaminate hanno dei privilegi: per prima cosa hanno diritto immediatamente a un alloggio gratuito, e poi, il giorno dello spostamento, ricevono un indennizzo che è quattro volte superiore al normale. Naturalmente le spese di viaggio e quelle per il trasloco sono a carico dello stato. E poi ogni membro della famiglia prende un contributo economico e per tre anni nessuno è tenuto a pagare le tasse.

Posso affermare che più di così non si può fare per aiutare queste persone, però sono sicuro che se mai troveremo il modo di far meglio sicuramente lo faremo.

Fortunatamente adesso non siamo in una situazione critica, coloro che vivevano nelle zone più contaminate sono già stati spostati. Oggi nessuno vive o lavora in zone dove si rischia la vita. Le zone maggiormente a rischio sono tutte chiuse. In questi anni abbiamo lavorato bene, soprattutto per i bambini. Posso dichiarare che i risultati sono notevoli, molto più che in Ucraina e Russia. Vi faccio un esempio: il livello di salute dei nostri soldati è più alto tra coloro che provengono dalla regione di Gomel’, e cioè dalla zona più contaminata. E questo perché, sin dalla nascita, sono stati tenuti sotto controllo.

Il nostro governo si è comportato bene. Ha aiutato e continua ad aiutare tutti, senza valutare se uno è ricco o è povero. Questo i paesi esteri e la banca mondiale non riescono proprio a capirlo. Spesso ci rimproverano di aiutare ancora i Liquidatori che hanno lavorato alla centrale venti anni fa: adesso abitano tranquillamente in zone pulite e non devono essere aiutati, questo ci dicono. Allora io chiedo loro: se domani accadesse una nuova tragedia dove andremo a trovare persone disposte a sacrificarsi?

Venti anni fa non tutti sapevano. Cernobyl è stato il primo disastro nucleare di portata mondiale. Eravamo ignoranti, non conoscevamo l’argomento né i reali pericoli per la salute. Inoltre la maggior parte della gente rifiutava di usare precauzioni perché diceva che un uomo, se non vede il nemico, non crede di essere realmente in pericolo.

A volte capita di sentire che sono morti il cinquanta percento dei Liquidatori. Non è così, le cifre reali sono altre: su centoquindicimila Liquidatori ottomila sono invalidi e circa ottomilacinquecento sono morti. Non voglio che pensiate che Cernobyl abbia migliorato la salute della gente, però neanche che crediate a quello che si dice, e cioè che siano morti tutti. Questo perché, ve lo ripeto, lo stato ha lavorato bene. Sono state spostate centotredicimila persone, circa cinquecento villaggi sono stati liquidati, duecentotrenta ne sono stati costruiti in zone pulite e circa seimila famiglie sono state spostate a Minsk e in altre città della repubblica.

Quando sono venuto a lavorare qui ero ancora studente di giurisprudenza. Provengo dalla regione di Gomel’ ma sono venuto qui a Minsk nel 1976 per studiare. A Gomel’ è rimasta mia madre, mentre mia nonna viveva in una zona contaminata. Adesso è morta. In quelle zone oggi non è più permesso abitare, anche se da un po’ di tempo stiamo registrando due diversi processi in atto. Mi spiego: ci sono quelli che vogliono andar via e quelli che vogliono tornare. Mi è anche capitato di incontrare persone che non si sono mai volute spostare, che si sono opposte con determinazione all’evacuazione.

Una settimana fa sono stato in quelle zone per un convegno e ho approfittato per far visita a una famiglia che si è sempre rifiutata di andar via. Li ho conosciuti cinque anni fa: moglie e marito. Lei contadina, lui invalido di guerra, senza una gamba. Tre figli. Al tempo dell’evacuazione lui ha deciso che i figli dovevano andar via ma che lui sarebbe rimasto lì. La moglie voleva partire ma lui ha deciso che sarebbero rimasti. E così è stato. Una settimana fa sono andato a vedere come vivevano, beh, la moglie è morta e lui è rimasto solo. Mi ha detto di non voler raggiungere i figli ma di voler continuare a vivere lì, che la patria è sempre la patria.

Anche quelli che vogliono tornare lo fanno soprattutto perché non sopportano di dover vivere lontano da dove sono nati. Si tratta perlopiù di gente anziana che vuole finire la vita lì dove l’ha cominciata. Con l’evacuazione questa gente ha perso la propria identità e, almeno in punto di morte, vuole riconquistarla.

Lei mi chiede se è vero che il governo bielorusso favorisce l’ingresso nelle zone contaminate a popolazioni povere straniere; se attira questa gente con la speranza di un lavoro, di una casa e di alti stipendi. Lei dice di averlo letto ma che non vuole crederci, che ha dei dubbi sull’autenticità di questa notizia. Beh, le dico che fa bene ad avere dei dubbi. Per prima cosa gli stipendi, per chi vive in zone contaminate, non sono poi così alti. Secondo, in quelle zone non c’è mancanza di maestri, di medici o di specialisti in generale. Noi abbiamo un sistema per garantire specialisti e lavoratori alle strutture in quelle zone: prima di tutto quelli che vogliono prendere una laurea hanno la possibilità di avere una laurea privilegiata con garanzia di ritorno. Mi spiego: se io abito in una zona contaminata posso andare via ed entrare all’università senza dover affrontare esami e senza pagare tasse. In più per me l’alloggio e la mensa sono gratuiti. Però, in cambio, garantisco allo stato che dopo la laurea tornerò a lavorare nella zona contaminata dove sono nato. Certamente nessuno da Minsk va in quelle zone a lavorare, però coloro che in quelle terre sono nati e cresciuti si rendono conto di com’è lì la vita e vogliono tornarci per aiutare. Non nego che se tornano vengono pagati con uno stipendio alto che cresce di anno in anno, ma le motivazioni sono altre.

Quindi le ripeto che fa bene ad avere dei dubbi. Quello che si dice è falso, per la semplice ragione che lo stato bielorusso non ha bisogno di ripopolare una zona già di sé popolosa. Pensi, per fare un esempio, che in alcune zone il numero delle infermiere e dei medici è di gran lunga superiore alle necessità.

Il giorno dell’incidente ero da mia madre e non ho saputo niente. I primi giorni non ci hanno informati di niente. È vero che prima della dichiarazione di Gorbačëv, il tre maggio, erano stati evacuati da alcuni villaggi i bambini e le donne incinte, però era stato fatto senza dare spiegazioni. Ricordo che qualche notizia era già volata in aria, però per noi a quell’epoca era importante l’informazione ufficiale dello stato. E la televisione non ha detto niente.

Personalmente non ho partecipato al processo di evacuazione, ma dai racconti dei miei parenti ho saputo che le prime tappe sono state molto difficili proprio perché i militari non davano spiegazioni. Neanche loro forse sapevano, per questo dicevano che lo spostamento era temporaneo. In sostanza alle persone che sono state spostate per prime a pochi chilometri di distanza dicevano che una volta che si fosse stabilizzata la situazione sarebbero potute tornare alle proprie case. Non fu così, perché la situazione peggiorò e la gente fu spostata ancora più lontano. Non rividero mai più le loro case, i loro animali.

Però le tappe successive al tre giugno sono state organizzate meglio. Non hanno spostato solo le persone, ma anche le merci, le macchine e gli animali.

Io non so cosa abbia provato quella gente. Posso solo dire che è molto grave il fatto che le autorità dell’epoca non abbiano detto loro la verità su quello che stava accadendo. Forse, però, non sarebbe cambiato niente. L’unica cosa che si poteva fare era organizzare l’evacuazione e distribuire medicinali a base di iodio. Solo questo poteva servire. Ed è stato fatto, anche se i medicinali non sono stati sufficienti per tutti. Non bisogna dimenticare che sono stati colpiti tutti i cittadini.

Purtroppo dopo venti anni si tende a valutare l’operato del nostro governo basandosi sulle informazioni che abbiamo oggi, dimenticando che  Cernobyl è stata la prima catastrofe nucleare della storia. Oggi sappiamo che un’esplosione, in un piccolo posto come la stazione nucleare di Cernobyl, può fare male a tutto il mondo. E il mondo, oggi, ha il dovere di studiare approfonditamente la nostra esperienza. Purtroppo più il tempo passa e più le persone dimenticano. Nessuno sa che cosa succederà a questo nostro popolo tra trenta o cinquanta anni, cosa succederà ai nostri figli che nascono con le radiazioni. E questi sono problemi che riguardano tutto il mondo, non solo la Bielorussia. Noi non nascondiamo niente a nessuno. Vogliamo che gli altri paesi e gli altri popoli vengano qui da noi a studiare la situazione. È con lo studio e dai nostri errori che si può partire affinché Cernobyl non si ripeta mai più.

Intervista di Carlo Spera

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